MILANO — Einaudi non pubblicherà Il quaderno, il libro che raccoglie testi letterari e politici scritti sul blog dallo scrittore portoghese José Saramago, premio Nobel per la letteratura nel 1998. Ne dà notizia «L'Espresso» oggi in edicola anticipando che l'editore della raccolta di saggi sarà sempre torinese, Bollati Boringhieri, ma soprattutto svelando il motivo della momentanea rottura tra l'autore di Cecità e la casa dello Struzzo. «La nuova opera — scrive Mario Portanova — contiene giudizi a dir poco trancianti su Silvio Berlusconi, che di Einaudi è il proprietario». Saramago è severo con Berlusconi ma anche con gli italiani, il cui sentimento «è indifferente a qualsiasi considerazione di ordine morale». Ma «nella terra della mafia e della camorra che importanza può avere il fatto provato che il primo ministro sia un delinquente?». L'autore del Quaderno arriva a paragonare il nostro capo del governo a «un capo mafioso ».
«L'Einaudi — spiega per parte sua un comunicato della casa editrice che ha pubblicato quasi tutti i romanzi del premio Nobel — ha deciso di non pubblicare O caderno di Saramago perché fra molte altre cose si dice che Berlusconi è un 'delinquente'. Si tratti di lui o di qualsiasi altro esponente politico, di qualsiasi parte o partito, l'Einaudi si ritiene libera nella critica ma rifiuta di far sua un'accusa che qualsiasi giudizio condannerebbe». Scrittore, poeta e critico letterario, José de Sousa Saramago è nato ad Azinhaga, in Portogallo, nel 1922. Premio Nobel per la Letteratura nel '98, da settembre ha aperto il blog http://caderno.josesaramago. org
Saramago, 87 anni, che in questi giorni è nella sua casa di Lanzarote, nell'arcipelago delle Canarie, ha accettato di rispondere via e-mail ad alcune nostre domande. «Non pubblico la mia nuova raccolta di saggi con Einaudi — ci scrive il premio Nobel — perché in essa critico senza censure né restrizioni di alcun tipo Berlusconi, il quale è il capo del governo ma anche il proprietario della casa editrice, come di tanti altri mezzi di comunicazione in Italia. La verità è che quella che si è creata potrebbe essere definita una situazione pittoresca se il fatto che un politico accumuli tanto potere non facesse temere per la qualità della democrazia ».
Lo scrittore portoghese, che si rivelò nel 1982 con Memoriale del convento e che non ha mai nascosto le sue simpatie per la sinistra (si iscrisse clandestinamente al partito comunista portoghese nel 1969 riuscendo a evitare le galere del dittatore Salazar), ci scrive che nessuno gli ha mai proposto di cancellare i passaggi su Berlusconi: «Ho conosciuto la censura durante la dittatura portoghese, l'ho sofferta e combattuta e nessuno in una situazione di apparente normalità democratica mi potrebbe chiedere di amputare una mia opera ».
Facciamo notare che certi giudizi ci sembrano quantomeno eccessivi. Saramago non si scompone: «Le qualificazioni che ho dato di Berlusconi non nascono dalla mia testa ma si basano su informazioni giornalistiche che ogni giorno appaiono sulla stampa europea. Io semplicemente osservo e concludo. Con dispiacere, naturalmente». Insistiamo: perché arrivare a paragonare Berlusconi a un «capo della mafia»? Saramago risponde: «Davvero le sembra esagerato? È sicuro? Almeno mi concederà che ha una mentalità mafiosa».
L'autore del Vangelo secondo Gesù è severo anche con l'Italia: «Quando tutte le opinioni che si diffondevano sulla capacità creativa, sulla modernità e talento artistico erano favorevoli, non ricordo nessuno che si lamentasse di questi giudizi. Ora le cose sono cambiate. L'Italia non è più il Paese che emoziona, ma sorprende non certo per le migliori ragioni. Né l'Italia né coloro che amano questo Paese meritano lo spettacolo politico di fascinazione malata per Berlusconi».
Saramago pubblicherà il suo prossimo romanzo da Einaudi? «Del mio nuovo romanzo, che credo vedrà la luce in autunno, non si è ancora parlato e non so dove porterà questa faccenda ».
Il premio Nobel non sa che altre opere di critica a Berlusconi sono state rifiutate da Einaudi, dalle poesie politiche postume di Giovanni Raboni al Duca di Mantova di Franco Cordelli, sino al Corpo del capo di Marco Belpoliti, che l'autore ha preferito pubblicare da Guanda, però commenta: «Dev'essere duro vivere quando il potere politico e quello imprenditoriale si riuniscono. Non invidio la sorte degli italiani, però infine è nella volontà degli elettori mantenere questo stato di cose o cambiarlo».
Dino MessinaCorriere.it
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